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La Corte di Cassazione ha recentemente statuito sul punto, precisando che, a prescindere dalla rilevazione del superamento dei valori limite o soglia, ed a prescindere altresì dall’accertamento della tipologia delle sostanze rilasciate e del loro potenziale inquinante, deve in ogni caso essere sanzionato l’esercizio di un’attività produttiva che rilascia emissioni o scarica acque reflue senza possedere le autorizzazioni prescritte a tal fine dalla legge.

Il principio in questione, contenuto nella sentenza della Sezione III Penale del 3 novembre 2015, n. 44353, è stato affermato con riferimento al caso di un imprenditore, titolare di un’azienda di verniciatura di automobili e di autolavaggio per automezzi di tipo pesante, che aveva ricevuto in primo grado la condanna per i reati ambientali di cui all’art. 279, co. 1, prima parte in relazione all’art. 269, commi 1 e 8 del Codice dell’Ambiente (D. Lgs. 152/2006), e di cui agli artt. 124 e 137 del medesimo testo legislativo, per aver appunto prodotto e rilasciato emissioni potenzialmente inquinanti nell’atmosfera e scaricato acque reflue di tipo industriale in assenza delle autorizzazioni amministrative previste dalla legge.

Successivamente, in grado d’appello, la condanna era stata confermata, ed avverso la sentenza di secondo grado l’imprenditore condannato aveva proposto ricorso per Cassazione, contestandola per carente od omessa motivazione e lamentando che l’accertamento dell’integrazione delle fattispecie di reato era stato effettuto prescindendo dalla puntuale verifica ed analisi delle emissioni inquinanti, nonché della qualità degli scarichi rilasciati, e che perciò era impossibile ritenere accertata l’offensività della condotta in termini di inquinamento ambientale.

I Giudici della Suprema Corte, nel rigettare il ricorso così proposto, affermavano però che l’elemento costitutivo dei reati contestati fosse proprio da individiuare nella carenza di qualsivoglia autorizzazione, non già nella reale o potenziale produttività di agenti inquinanti da parte dell’impianto. Ciò riconduce i reati oggetto di esame alla categoria dei cosiddetti “reati formali”, che attribuiscono cioè il disvalore da sanzionare ad un elemento di tipo formale, che nel caso di specie è quello dell’assenza del necessario controllo preventivo sull’attività da parte della Pubblica Amministrazione competente.

Effettuata l’anzidetta valutazione, la Corte si è poi spinta oltre, negando anche l’applicabilità alla fattispecie esaminata della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del Codice Penale. Ciò in ragione della rilevante gravità attribuita alla reiterazione ed abitualità delle condotte inquinanti messe in atto in assenza di autorizzazione, configuranti diverse fattispecie di reato connesse dal vincolo della continuazione.

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